Agosto 1918: l’avventura pisana di Marie Curie

Il racconto del viaggio della celebre scienziata e del chimico Porletta per studiare le acque termali radioattive


Pisa, agosto 1918. La celebre scienziata Marie Curie, due volte premio Nobel (nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica), prima docente donna alla Sorbonne e pioniera della ricerca sulla radioattività, giunge in città su invito del professor Raffaello Nasini, allora docente di Chimica del nostro Ateneo ed esperto di fama internazionale per gli studi sulle acque termali e la loro radioattività.

Insieme a Camillo Porlezza, all’epoca giovane assistente di Nasini e suo futuro successore alla cattedra di Chimica, Curie parte da Pisa per un’importante missione scientifica commissionata dal governo italiano. Per le successive tre settimane Curie e Porlezza svolgono dei sopralluoghi presso sorgenti termali e miniere, cercando di determinare la possibilità di estrarre materiali radioattivi dal territorio italiano.

A svelarci i dettagli di questo episodio è il resoconto pubblicato vent’anni dopo dallo stesso Porlezza, divenuto nel frattempo direttore dell’Istituto di Chimica generale, sul periodico Terme e Riviere, fondato a Casciana Terme (Pi) da Vincenzo Lischi, nonno del noto tipografo ed editore Luciano Lischi.

Porletta racconta Marie Curie

Curie, 51 anni e una salute non perfetta, si trovò davanti un programma di viaggio fitto e impegnativo da affrontare. Il giovane Porlezza nel suo resoconto ricorda il «semplice fascino della visitatrice stanca», «della piccola donna timida», «della scienziata poveramente vestita», «fragile nell’aspetto ma vigorosa e inflessibile nell’adempimento della sua opera».

Porletta evidenzia la riservatezza e la serietà della scienziata, mantenute durante tutto il viaggio. Non amava essere fotografata e prestava molta attenzione alle dichiarazioni che le venivano richieste, temendo che potessero essere sfruttate a scopi pubblicitari, data la crescente commercializzazione delle sostanze radioattive. Anche se controvoglia, accettava divagazioni dal programma scientifico solo per cortesia: chiariva sempre che era venuta in Italia per lavoro, e avrebbe riservato gite di piacere ad altri momenti.

Il resoconto del viaggio

Il 30 luglio 1918 Porlezza ricevette un telegramma che annunciava l’arrivo della signora Curie a Pisa alle 3:30 del mattino. Il mittente di quel messaggio doveva essere il professor Raffaello Nasini oppure un funzionario governativo, poiché il viaggio della scienziata era stato commissionato dal governo italiano sotto la presidenza di Vittorio Emanuele Orlando: l’Italia era infatti interessata a esplorare le potenzialità di estrazione del radio, una sostanza radioattiva e del suo gas radioattivo, noto oggi come rado. All’epoca, la radioattività era ancora una disciplina scientifica relativamente giovane, e alle sostanze radioattive venivano attribuiti anche effetti sanitari miracolosi, tanto che venivano utilizzate persino in cosmetici.

Una volta giunta a Pisa, Marie Curie iniziò il suo lavoro esaminando gli strumenti scientifici disponibili presso l’Istituto di Chimica Generale in via Santa Maria. Da quanto riporta Porlezza, sembra che la scienziata avesse alcuni dubbi sulla loro efficienza, per cui decise di metterli alla prova su campioni già studiati. Si diressero dunque ai Bagni di San Giuliano, l’odierna San Giuliano Terme. Queste acque termali erano state oggetto di studi sulla radioattività per oltre un decennio e servirono come controllo. Fortunatamente, i vecchi strumenti dimostrarono di funzionare in modo adeguato, consentendo a Curie di iniziare il suo vero viaggio.

Curie e Porlezza visitarono diverse regioni italiane alla ricerca di possibili fonti di sostanze radioattive. Dopo le acque di Montecatini, studiarono quelle di Larderello, dei cui soffioni il professor Nasini era un esperto. Successivamente si diressero a sud, sulle isole di Ischia e Capri, poi a nord, verso i Colli Euganei, Abano e Montegrotto, e infine raggiunsero la regione del cuneese, dove a Lurisia esisteva una miniera di autunite, un minerale contenente uranio.

La missione di Marie Curie in Italia si concluse a Ventimiglia il 19 agosto. Dopo il suo ritorno a Parigi, Curie compilò una relazione dettagliata. Raccomandò al governo italiano di prestare particolare attenzione alla sorgente romana di Lacco Ameno a Ischia e ai soffioni boraciferi di Larderello per l’estrazione di sostanze radioattive.

L’eredità del viaggio

L’estate trascorsa in Italia è un capitolo quasi nascosto nella biografia della famosa scienziata, ma di grande rilevanza per la scienza e per il legame speciale che Curie sviluppò con il nostro paese e con l’ambiente chimico pisano.

Un legame che è testimoniato anche da una lettera della scienziata, che accompagnava un campione inviato a Porlezza come standard per il dosaggio del radio nelle acque minerali. Il prezioso autografo, esposto per molti anni nel dipartimento di Chimica e Chimica Industriale di Via Risorgimento, si trova oggi nella nuova sede del dipartimento in Via Moruzzi 13.


Si ringrazia ALAP per l’approfondimento sul viaggio in Italia di Marie Curie a cura di Gianni Fochi apparso su “Il rintocco del Campano”, gennaio-aprile 2013, pagg. 21-24.

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