Al Centro Bruno Pontecorvo documenti, fotografie e oggetti del grande fisico pisano

A trent’anni dalla morte, Unipi e INFN approfondiscono in un convegno il periodo dopo il trasferimento in Unione Sovietica

Ci sono documenti, fotografie e oggetti appartenuti al fisico pisano Bruno Pontecorvo nel materiale che il figlio Gil ha donato al Centro Pontecorvo del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa il 22 settembre, in occasione del convegno “Bruno Pontecorvo. il signore dei neutrini, ma non solo…”. Tra di essi anche l’originale del Premio Lenin assegnatogli per meriti scientifici, la borsa e le tessere personali da docente universitario. Il tutto, custodito dal figlio per diversi decenni, a testimoniare sia il ruolo che ha avuto nella storia della fisica, sia il rilievo della sua attività scientifica nel Paese che scelse nel 1950, l’URSS, quando in gran segreto, con tutta la famiglia e il dodicenne Gil, si trasferì oltre la cortina di ferro, nel clima della Guerra Fredda.

Durante il convegno sono stati inoltre presentati i risultati di una ricerca pluriennale effettuata da alcuni membri del Centro Pontecorvo, in particolare Gloria Spandre, Rino Castaldi e Vincenzo Cavasinni, sugli appunti scritti da Bruno Pontecorvo poco dopo il suo arrivo in Unione Sovietica e raccolti in alcuni quaderni autografi dove il fisico pisano scrive in inglese, italiano e anche russo. I quaderni chiariscono in maniera evidente che Pontecorvo, una volta arrivato in URSS, non ha svolto studi sulla bomba atomica, ma importanti esperimenti in fisica fondamentale utilizzando l’acceleratore costruito a Dubna che in quegli anni era il più potente al mondo.

Organizzato dal Centro Pontecorvo e dalla sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con la collaborazione di Palazzo Blu, per celebrare i trent’anni dalla sua scomparsa, il convegno ha mirato a ricordare la figura scientifica e umana di Bruno Pontecorvo. Allievo di Enrico Fermi e poi suo collaboratore negli esperimenti con i neutroni lenti, può essere certamente annoverato tra i più grandi fisici del secolo scorso per le intuizioni geniali e le scoperte nel campo della fisica fondamentale.

I relatori, riuniti nell’Auditorium di Palazzo Blu si sono soffermati su alcune delle tematiche affrontate da Pontecorvo, in particolare negli anni ‘50 e ‘60, quando lavorò al Centro di ricerca di fisica nucleare di Dubna. In particolare, sono stati discussi i risultati “scoperti” di recente negli appunti di laboratorio e in alcuni articoli scientifici tradotti dal russo. Le misure ai primi acceleratori di particelle, in competizione con quelle effettuate da Fermi a Chicago, e alcune teorie, prima fra tutte quella delle oscillazioni di neutrini, sono pietre miliari nella storia e nella evoluzione del pensiero scientifico della fisica. Ancora oggi, da quelle idee e da quelle misure la fisica fondamentale trova ispirazione per nuovi sviluppi e nuove scoperte.

Largo Bruno Pontecorvo, situato di fronte all’ingresso del ex-complesso Marzotto a Pisa che oggi ospita il Polo Fibonacci, sede dei Dipartimenti di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Bruno Pontecorvo, il “signore dei neutrini”

Bruno Pontecorvo è una figura affascinante nella storia della fisica del XX secolo. Nato a Pisa nel 1913, a soli 18 anni sostenne l’esame di ammissione al terzo anno del corso di Fisica presso l’Università di Roma, dove ebbe l’opportunità di lavorare con due giganti della disciplina, Franco Rasetti ed Enrico Fermi. In breve tempo divenne parte del celebre “gruppo di via Panisperna,” una squadra di scienziati che stava facendo straordinarie scoperte nel campo della fisica nucleare, all’interno del quale era soprannominato «il cucciolo» per la sua giovane età.

La sua carriera decollò quando, nel 1934, si unì a Fermi nelle ricerche sulle fissioni del nucleo atomico. Due anni dopo, Pontecorvo era a Parigi, dove intraprese ricerche con Irene Curie e Frederic Joliot e dove sposò l’ideologia comunista e marxista.

Il corso della sua vita prese una svolta drammatica durante la Seconda Guerra Mondiale: quando Parigi cadde sotto l’occupazione nazista nel 1940, Pontecorvo dovette fuggire negli Stati Uniti, dove si occupò dell’industria delle prospezioni petrolifere. Successivamente, si trasferì in Canada e contribuì al progetto per la creazione del primo reattore nucleare canadese.

Dopo la fine della guerra, nel 1948 ottenne la cittadinanza britannica, dove accettò l’offerta di una cattedra di professore di fisica all’Università di Liverpool, anche se non prese mai servizio. Nel 1950 si trasferì con la sua famiglia a Stoccolma e da lì alla Finlandia, prima di stabilirsi in Unione Sovietica, a Dubna. In URSS cambiò il suo nome in Bruno Maxsimovich Pontecorvo.

Questo trasferimento scatenò preoccupazione nei servizi di sicurezza occidentali, che temevano un caso simile a quello di Ettore Majorana: infatti Pontecorvo non disse a nessuno della sua decisione e per un po’ di tempo mantenne i contatti esclusivamente con il fratello Gillo, celebre regista.

Il fisico pisano tornò in pubblico solo nel 1955, quando spiegò le ragioni della sua adesione al comunismo e l’abbandono della società occidentale in una conferenza stampa. Nel 1978, fece il suo primo ritorno in Italia e poi ritornò in Russia, dove morì nel 1993 a Dubna.

In suo onore, una piazzetta di fronte all’ingresso del ex-complesso Marzotto a Pisa che oggi ospita il Polo Fibonacci, sede dei Dipartimenti di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, ha preso il nome di Largo Bruno Pontecorvo, un tributo duraturo a un fisico errante che ha contribuito in modo significativo alla scienza e alla storia del XX secolo.


Per saperne di più sulla famiglia Pontecorvo, si consiglia la lettura de “Il Rintocco del Campano”, 2-3.16 (121), pp. 50-57, scaricabile gratuitamente a questo link.

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