È una università che vuole valorizzare i talenti senza lasciare indietro nessuno quella delineata dal rettore Riccardo Zucchi all’inaugurazione dell’anno accademico 2022/2023 dell’Università di Pisa, prima cerimonia a quattro mesi dall’insediamento a Palazzo alla Giornata. Una università aperta agli studenti, integrata con le Scuole di eccellenza e gli enti di ricerca per valorizzare il Sistema Pisa e il suo enorme potenziale di conoscenza, consapevole che per crescere avrà bisogno della partecipazione attiva della città e di tutte le istituzioni locali. Una università, infine, che sempre più dovrà mettere al centro l’idea di comunità. “Il primo obiettivo – ha sottolineato il professor Zucchi – è rafforzare la coesione di tutte le componenti del nostro mondo: docenti, personale tecnico amministrativo e popolazione studentesca, che devono essere ascoltati e coinvolti attivamente nella gestione dell’ateneo. Sto cercando di farlo. Abbiamo aperto tavoli e costituito gruppi di lavoro per la revisione dello statuto e per affrontare una serie di questioni specifiche.”
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Sempre di università hanno parlato, dopo il rettore, Michele Da Caprile, rappresentante del personale tecnico-amministrativo nel Consiglio di Amministrazione, e Andru Gabriel Budacu Ferrari, presidente del Consiglio degli studenti. Il primo ha richiamato la nozione di “valore pubblico, attraverso il quale aumentare il benessere della nostra comunità, della nostra nazione; forti della nostra tradizione culturale e delle nostre capacità.” Il secondo ha sviluppato una lettura critica del concetto di merito, per concludere che “noi oggi rivendichiamo il nostro diritto all’imperfezione, alla fragilità, il diritto ad essere persone e non semplici numeri dietro agli indici di performatività imposta da questo sistema. Non siamo dei semilavorati da raffinare, siamo studenti, siamo menti, siamo persone che rivendicano il loro posto nella società, con i propri limiti.”
Prima dei saluti istituzionali del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, e del sindaco di Pisa, Michele Conti, la cerimonia è stata aperta dal ministro della Salute, Orazio Schillaci. Università e giovani sono stati i temi affrontati dall’ex rettore dell’Università Tor Vergata di Roma. “Io credo che i nostri atenei – ha detto– possano contare su un punto di forza che dobbiamo continuare a preservare, ovvero di essere rimasti luoghi di condivisione dei valori, di sviluppo del pensiero critico e del senso di appartenenza alla comunità. Il valore dell’università non risiede, infatti, solo nella sua funzione di trasmissione di conoscenze e di saperi ma nella capacità di formare adeguatamente la generazione futura affinché sappia governare le sfide che verranno.” Come ministro della Salute ha citato il dovere etico di salvaguardare la sostenibilità della sanità, fedele ai principi di universalità, equità e solidarietà, e sottolineato l’impegno a “investire nei giovani, che significa creare le condizioni perché tornino a considerare attrattivo il servizio sanitario nazionale e che lavorare nella sanità pubblica sia gratificante sia dal punto di vista economico che di valorizzazione professionale.”
In chiusura, prima dell’omaggio musicale a cura del Coro dell’Università, è intervenuta la professoressa Emanuela Navarretta, giudice della Corte Costituzionale e docente di Diritto privato al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo pisano, con una prolusione sul tema del diritto alla salute. “Responsabilità individuale, solidarietà e leale collaborazione – ha ricordato – sono queste le parole che compongono la trama costituzionale che sorregge la tutela dei diritti, e del diritto alla salute. Responsabilità individuale nel preservare la vita e la salute degli altri, nel comprendere quanto abbiamo ricevuto dal passato e cosa dobbiamo al futuro, nell’adempimento dei doveri costituzionali inderogabili, a partire dal dovere tributario; solidarietà di ciascuno verso gli altri, dello Stato verso tutti e degli Stati nei loro rapporti reciproci; e, infine, leale collaborazione istituzionale affinché le risorse raggiungano efficacemente i loro obiettivi. A tutto questo affidiamo il futuro dei diritti, in specie del diritto alla salute, liberandoci da quell’individualismo assoluto e da quel realismo rassegnato che – scriveva Stefano Rodotà – non lasciano speranze e non lasciano diritti.”