Il successo di deepmirror, startup che ha recentemente raccolto un finanziamento di 2,4 milioni di dollari, porta la firma di un alumnus Unipi: quella di Andrea Dimitracopoulos, ingegnere biomedico di origine greca e italiana.
Dopo aver mosso i primi passi nelle aule pisane di Ingegneria, Andrea ha proseguito il suo percorso nei centri di ricerca di Cambridge e Londra. Lì ha conosciuto Max Jakobs, fisico tedesco, e Ryan Greenhalgh, chimico e scienziato dei materiali inglese, con cui ha sviluppato nel 2019 una piattaforma di “co-ideazione”, che unisce la capacità di processare i dati in maniera sistematica dei metodi AI con l’esperienza e l’intuizione dei ricercatori.
L’obiettivo? Contribuire ad accelerare il processo di scoperta di nuovi farmaci per renderli disponibili ai pazienti, combinando l’intelligenza artificiale con l’esperienza umana.
Abbiamo intervistato Andrea per sapere com’è riuscito a combinare il suo percorso accademico con un progetto imprenditoriale innovativo.
Da dove nasce la tua passione per l’ingegneria biomedica?
Dall’interesse per la medicina trasmessomi da mia madre, che mi ha ispirato a migliorare concretamente la vita delle persone, e dal mio entusiasmo per la matematica, la fisica e la tecnologia. L’idea di unire questi due mondi – quello scientifico e medico con quello tecnologico e ingegneristico – mi ha spinto a intraprendere questo percorso di studi. Ho scelto l’Università di Pisa per la sua solida tradizione scientifica e ingegneristica, dove ho trovato l’ambiente ideale per sviluppare queste passioni.
Quali esperienze durante gli anni di studio a Pisa hanno più influenzato il tuo percorso professionale?
Nel mio periodo a Pisa ho seguito corsi che mi hanno appassionato, come la modellazione matematica e computazionale della biologia, la biochimica, la teoria del controllo, i sistemi non lineari e la robotica. Mi interessava applicare metodi quantitativi per comprendere processi biologici complessi e, al contempo, poter lavorare in laboratorio per approfondire la parte sperimentale. Queste esperienze mi hanno insegnato il valore sia dell’approccio teorico sia di quello pratico, preparando il terreno per un percorso di ricerca fortemente multidisciplinare.
Ci sono stati docenti o mentor pisani che hanno avuto un ruolo determinante nella tua formazione?
Ho avuto la fortuna di incontrare diverse figure che mi hanno influenzato molto. In particolare, ricordo con grande stima il professor Alberto Landi, per la sua passione nell’applicare la modellazione alla biologia e il sostegno che mi ha dato durante la tesi triennale. Inoltre, la professoressa Arianna Menciassi e il professor Paolo Dario mi hanno ispirato con la loro visione lungimirante, proprio nel punto di incontro fra scienza e tecnologia. Mi hanno offerto opportunità di ricerca e collaborazione decisive per la mia formazione durante la laurea magistrale.
Quali competenze specifiche hai sviluppato a Pisa che poi hai valorizzato nella tua carriera?
A Pisa ho acquisito competenze trasversali che vanno dalla programmazione all’applicazione di matematica e fisica ai contesti medici e biologici, passando per la progettazione e l’interpretazione di esperimenti di laboratorio. Questa base multidisciplinare mi è stata di grande utilità per affrontare successivamente un PhD in Fisica e Biologia a University College London, un postdoc in Neuroscienze all’University of Cambridge e, infine, per co-fondare deepmirror. L’esperienza in più discipline mi ha permesso di integrare metodi differenti, sviluppando soluzioni innovative nel campo dell’intelligenza artificiale applicata alla ricerca farmaceutica.
Come nasce deepmirror?
Lavorando in un ambiente multidisciplinare, ci siamo resi conto che gli strumenti predittivi esistenti erano spesso troppo complessi o richiedevano risorse non sempre disponibili ai laboratori di ricerca. Nel campo della ricerca di nuovi farmaci, i chimici devono prendere decisioni complesse per progettare molecole al tempo stesso efficaci e ben tollerate, partendo da un numero di possibilità pressoché infinito. Abbiamo quindi sviluppato una piattaforma che facilita queste decisioni e suggerisce nuove idee per il design di molecole mirate a risolvere problemi specifici, riducendo i tempi di design e validazione delle molecole e restando estremamente facile da usare.
Abbiamo convinto i primi clienti – come Morphic Therapeutics (parte di Eli Lilly) e Cerevance – dimostrando concretamente come la nostra tecnologia potesse accelerare i processi decisionali dei loro team e integrarsi agevolmente nel loro flusso di lavoro.
Quali sono le principali sfide che avete affrontato nello sviluppare deepmirror?
Le sfide riguardano la qualità e la quantità dei dati, che nel contesto farmaceutico possono risultare limitati. La piattaforma deepmirror, perciò, utilizza modelli predittivi e generativi capaci di estrarre il massimo da dataset ridotti, garantendo comunque un’elevata affidabilità. Un altro aspetto essenziale è l’usabilità: il sistema deve semplificare il lavoro dei ricercatori, non complicarlo. Infine, la tutela della proprietà intellettuale e la riservatezza dei dati è cruciale in un settore competitivo come quello farmaceutico, e per questo abbiamo investito molto in soluzioni che proteggano appieno la confidenzialità.
Tra le collaborazioni di successo, posso citare l’esperienza con Medicines for Malaria Venture: partendo da un set di dati limitato, siamo riusciti a generare e predire molecole in grado di risolvere un problema di metabolismo, individuando un composto che manteneva l’efficacia ma con ridotti effetti collaterali.
Come immaginate che cambierà la ricerca farmaceutica nei prossimi 10 anni?
L’AI sarà sempre più integrata, sia nelle fasi di ricerca e sviluppo delle molecole sia negli studi clinici, rendendo i processi più rapidi e data-driven. Al contempo, ci sarà molta confusione intorno alle reali potenzialità dell’AI, e spesso si sottovaluterà il ruolo imprescindibile dello scienziato che guida e valida queste tecnologie. Penso quindi che le soluzioni vincenti saranno quelle capaci di unire armoniosamente l’intelligenza artificiale con l’esperienza e intuizione umana, massimizzando i benefici di entrambi gli approcci.
Se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri studente, che consiglio ti daresti?
Non avere timore di sbagliare. Spesso ci lasciamo condizionare dai consigli altrui e pensiamo che esista un “percorso giusto”, ma ognuno di noi ne ha uno unico, che si svela gradualmente. Avere un obiettivo chiaro, seguire il proprio istinto e impegnarsi con costanza, fidandosi delle proprie intuizioni, è spesso la chiave per trovare un ruolo in cui possiamo dare il meglio e avere un impatto positivo.