Fabrizio Schirano, 40 anni, pisano di nascita ma cresciuto a Monaco di Baviera, si è laureato nel nostro Ateneo nel 2001 in Lettere Moderne, con una tesi in Storia e critica del cinema. Dopo due master in management e una lunga a ricca carriera nel settore del marketing e del non profit è approdato a Los Angeles, dove da dieci anni dirige un team di tecnici in un’azienda all’avanguardia nel settore della nutrizione.
Ascolta la puntata del podcast dedicata alla storia di Fabrizio:
Ciao Fabrizio, raccontaci qualcosa della tua esperienza di studio a Pisa.
Quando verso la metà degli anni ‘90 mi iscrissi all’Università di Pisa vivevo ancora a Monaco di Baviera, dove mi ero trasferito negli anni del liceo. Dopo il diploma avevo aperto un’agenzia pubblicitaria. Durante quegli anni di lavoro in agenzia avevo deciso d’iscrivermi alla Facoltà di Lingue studiando in remoto e rientrando a Pisa solo per sostenere qualche esame, ma nel ’96, dopo dieci lunghi anni in Germania, tornai definitivamente in Italia. Fu allora che scelsi di seguire il cuore e feci il passaggio da Lingue a Lettere Moderne, indirizzo comunicazione e cinema. Mi laureai nel 2001 in Storia e critica del cinema con il professor Lorenzo Cuccu, con una tesi sul cinema documentario della Resistenza.
La strada che ti ha portato da Pisa a Los Angeles da dove passa?
È stato un percorso a tappe e in parte fortuito che iniziò dopo la laurea a Pisa. Nel 2001 mi iscrissi al Master in Marketing Communication dell’Istituto Superiore di Comunicazione a Milano. Durante il master, grazie ad alcuni contatti dell’Università di Pisa, lavorai per un periodo alla Fabbrica Del Vapore e successivamente al Festival di videoarte Invideo. Dopo aver fatto esperienza nel settore umanitario con la ONG CESVI mi ritrovai a dover ricominciare quasi da zero. Decisi quindi di tornare a studiare e coniugando la laurea in lettere, l’esperienza nella comunicazione d’impresa e la propensione a muovermi in ambito internazionale decisi di frequentare un altro Master in Management Culturale e Internazionale promosso dal Ministero degli Affari Esteri.
Curiosamente, non fu tanto il master quanto la laurea in lettere con indirizzo cinema a creare i presupposti per la mia prima esperienza negli USA tra il 2004 e il 2005. Galeotta fu la mia tesi sul cinema documentario che diede lo spunto alla direzione del master di affidarmi un progetto di ricerca presso l’Italian Film Commission (Istituto per il Commercio Estero) di Los Angeles riguardante la distribuzione del cinema documentario italiano negli USA.
Fu la nascita di mia figlia negli Stati Uniti la vera molla che nel 2007 mi fece trasferire definitivamente a Los Angeles. Riallacciai i rapporti con l’Istituto per il Commercio Estero e i primi quattro anni tornai a lavorare lì, ma stavolta in qualità di Marketing Promotion Officer per i settori Biotecnologie e Nanotecnologie. Nel 2011 la svolta definitiva, dal punto di vista professionale, è stato l’incontro con il professor Valter Longo, docente all’USC (University of Southern California). Lui chiese il mio aiuto per lanciare la startup e spinoff universitario L-Nutra – Nutrition For Longevity, di cui sono tutt’oggi uno degli executive.
Dopo un percorso così lungo e ricco di esperienze, quale pensi che sia il vero valore aggiunto delle lauree umanistiche nel mondo del lavoro?
Trovo che la laurea in lettere dia un’apertura mentale e strumenti culturali che si possono rivelare importantissimi per una carriera in ambito manageriale. Gli strumenti tecnici si possono acquisire nel tempo o in studi successivi, ma la duttilità mentale, la sensibilità e la capacità di relazionarsi in generale e in particolare con i membri della propria squadra sono alcune delle qualità che la laurea umanistica aiuta moltissimo a formare.
Vorrei enfatizzare in particolare quanto nel mio caso si sia rivelata utile nella gestione di un gruppo formato principalmente da tecnici ed eterogeneo per età, formazione e inquadramento aziendale. Questo perché la laurea in lettere non mi ha dato solo conoscenza, ma anche la capacità di ascoltare, interpretare e comprendere la natura umana, leggendo costantemente tra le righe e le parole. Uso spesso questa sensibilità per anticipare e gestire in tempo i momenti di attrito sia nel mio team che tra i miei colleghi.
Quali consigli daresti a un giovane studente di oggi?
Di studiare con dedizione, ovviamente, e tanta curiosità. Ma anche di mettersi in gioco ed avventurarsi al di fuori dello studio e dell’università per costruire rapporti, facendo networking negli ambiti in cui si hanno delle passioni, perché prima o poi la possibilità coniugare ciò che si è studiato con ciò che ci appassiona capita e bisogna esser pronti a coglierla.
Infine, consiglierei di viaggiare quanto più possibile. Non tanto da turista, ma soprattutto per brevi periodi di lavoro. Bisogna scrollarsi di dosso la paura di lasciare i luoghi del cuore per trovare il coraggio di continuare o ricominciare altrove, non per necessità, ma per un desiderio di autorealizzazione. E perché no, magari per ritornare in Italia con idee fresche e una visione più globale delle dinamiche del presente e del futuro.
Se invece potessi tornare indietro nel tempo a quando eri uno studente, che consigli daresti a te stesso?
Mangiare meglio! (Ride). In quei cinque anni ho trascurato la buona alimentazione, importante iniziare ad alimentarsi equilibratamente fin da subito, e poi fare più sport, molto più sport. Infine, mi spronerei a fare l’Erasmus che allora, avendo già vissuto così tanti anni all’estero, non mi sembrava una cosa così attraente, e a ripensarci oggi è stata invece un’opportunità persa.