Intervista a Benedetto Vigna, amministratore delegato di Ferrari

Benedetto Vigna è amministratore delegato di Ferrari.

Lucano di origine, dopo la laurea in Fisica subnucleare nel 1993 ha iniziato la sua carriera nel campo dei semiconduttori al CERN di Ginevra e al Max Planck Institute. Nel 1995 è entrato in STMicroelectronics, dove ha fondato le attività MEMS (Micro-Electro-Mechanical Systems) dell’azienda. Il suo team ha sviluppato l’accelerometro triassiale alla base, ad esempio, del controller senza fili della console Nintendo Wii. Nel 2021 è arrivato alla guida di Ferrari, quarto amministratore delegato della sua storia.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2023/2024 dell’Ateneo, Vigna ci ha parlato degli anni di studio a Pisa, dei rapporti tra Università e Ferrari e dei suoi consigli di carriera per la comunità di studenti ed alumni Unipi.


Dottor Vigna, trent’anni fa iniziava proprio da qui il suo incredibile percorso. Perché proprio Pisa?

Perché volevo fare fisica…E fisica era difficile a Pisa. A volte mi chiedo se oggi tornerei o meno a quei tempi. Da una parte mi piacerebbe, perché vorrebbe dire tornare a vent’anni, ma dall’altra, quella universitaria è stata un’esperienza molto lunga e difficile! Ricordo che per certi esami arrivavo davvero a studiare dalla mattina alla sera e ne uscivo stordito, tanto da avere difficoltà persino a relazionarmi con gli altri (ride).

Ma tutto sommato ho vissuto bene qui. In quei quattro anni ho stretto un sacco di amicizie, e alcune di queste sono qui oggi. Quando passavamo un’esame andavamo a prendere la carne da “Vladimiro” e ci facevamo la bistecca alla fiorentina, oppure andavamo a mangiare da “Giulio in pelleria”. Ho imparato tanto in una città che era tranquilla, piccola. Mi muovevo in bicicletta, dormivo fino alle otto di mattina…e alle otto e un quarto ero in classe!

Si ricorda di qualche figura in particolare che l’ha ispirata nel suo percorso?

L’ispirazione nel mio percorso mi è venuta da Feynman e Bernardini che con Pisa c’entrano poco. Però qui c’erano un sacco di professori che dedicavano tanto tempo ai ragazzi. I professori erano tutti molto focalizzati sullo studio, c’erano pochi professori che facevano consulenza come succede oggi. Mi ricordo che andavo a ricevimento da loro persino alle undici di sera! Un professore mi aveva dato persino la chiave del suo ufficio per usare il suo computer, perché io non l’avevo.

L’ambiente era molto dinamico, effervescente. Ringrazio Pisa per avermi trasmesso in particolare tre grandi insegnamenti: il metodo scientifico, la gestione della complessità e della complicazione, lo spirito innovativo.

Torniamo ad oggi: in che modo Ferrari collabora con le università?

Credo molto nel valore dei ragazzi e delle relazioni con l’università, che possono dare alle industrie un grosso vantaggio: quello di studiare soluzioni per determinati problemi senza la pressione del tempo. Bisogna però che l’industria capisca effettivamente che per fare ciò è necessario pianificare in anticipo.

Noi lavoriamo in questo senso con le università in Italia, in Europa, in Asia e in America. Io stesso ho risolto tanti problemi nel corso della mia carriera grazie all’università, che è essenziale per il progresso dell’industria. Mi viene in mente una frase che diceva il nostro fondatore Enzo Ferrari, “Chi verrà dopo di me ha accettato un’eredità molto semplice: mantenere viva la volontà di progresso perseguita nel passato”. E questo vale per tutti. Si può fare sempre di più, si può fare sempre di meglio.

Con l’Università di Pisa in particolare abbiamo ottimi rapporti: da qui vengono un sacco di ragazze e ragazzi da Ingegneria meccanica, aerospaziale, matematica, fisica, informatica, che lavorano in vari settori e stanno facendo un ottimo lavoro sia nel mio staff che in progetti collaterali che rispondono a Ferrari.

Riguardo al rapporto tra mondo della formazione e dell’impresa si parla spesso di mismatch, cioè della fatica a trovare le figure professionali che servono davvero. Si tratta di un problema che riguarda anche voi?

Noi riceviamo più di 50 mila curricula all’anno e riusciamo ad attrarre tanti talenti in vari settori, non solo del mondo STEM, ma anche da quello della comunicazione, del marketing, del business. Quindi noi non sentiamo, onestamente, questo problema. Tra le altre cose, noi andiamo spesso presso varie università per realizzare dei corsi specifici in modo da far vedere ai futuri ingegneri, matematici, fisici, quello che significa lavorare in azienda.

Un’altra difficoltà che sembrano avere le aziende italiane è quella di trattenere talenti, perché l’estero sembra più performante rispetto all’Italia. Cosa ne pensa?

Io ho avuto modo di studiare sia in Italia che all’estero e so che la preparazione che i ragazzi possono avere in Italia è molto solida, ma c’è una grande differenza: purtroppo le facoltà STEM sono retribuite meglio all’estero. Per i ragazzi che vengono dalle regioni italiane del sud, ad esempio, spostarsi per lavorare a Milano piuttosto che Monaco o Madrid la differenza è minima, una mezz’ora di volo. Questo è un fattore che pesa su cui ragionare.

Guardando verso il futuro, che consigli darebbe a chi volesse intraprendere una carriera in Ferrari?

Credo moltissimo nel valore dell’educazione. Dal primo giorno che sono entrato in Ferrari ho regalato libri a tutti i colleghi, e questa è una cosa che ha preso piede da noi a tutti i livelli. Per questo motivo ti dico che il primo e il più importante consiglio sarebbe: imparare sempre da tutti e ovunque. E per farlo devi leggere, studiare e parlare con gli altri, perché non c’è nessuno al mondo da cui non puoi imparare. Come dico sempre: quattro ruote per terra! Sii umile nelle tue aspirazioni, gentile nei tuoi successi e resiliente nei fallimenti.

Ricordo che, dopo la laurea, mi trovai a dover scegliere tra due opportunità lavorative. Andai da mio padre per parlargliene, mi chiese quali fossero le differenze e io gli risposi “In una mi pagano il 30% di più”. Lui si girò senza dirmi niente, e quando gli chiesi nuovamente la sua opinione mi rispose “Se a questa età guardi i soldi, vuol dire che non sei degno dei miei consigli”.

Io non credo nelle programmazioni delle carriere. Se uno mi avesse detto che sarei diventato amministratore delegato di Ferrari o che avrei fondato un business non ci avrei mai creduto. Mi capita spesso di parlare con mia moglie e mia figlia di cosa significhi avere successo nella vita: oggi penso che voglia dire star bene con se stessi e con le altre persone, e cercare sempre di dare il massimo in quello che si fa.

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