Pietra d’inciampo per Enrica Calabresi, prima donna a insegnare alla facoltà di Agraria

Alla scienziata di Ferrara che insegnò anche a Margherita Hack è dedicata l’Aula storica di Entomologia dell'Università di Pisa

In via del Proconsolo a Firenze è stata inaugurata una “pietra d’inciampo” in memoria di Enrica Calabresi, scienziata e docente ebrea vittima delle persecuzioni razziali. La sua storia è legata a doppio filo con l’Università di Pisa, dove è stata la prima docente donna della facoltà di Agraria dell’Ateneo pisano.

Nata nel 1891 a Ferrara da una famiglia ebraica di origini sefardite, Enrica si diploma in anticipo al liceo Ariosto con il massimo dei voti, per poi laurearsi con lode in Scienze Naturali nel 1914 all’Università di Firenze. Giovanissima, viene subito assunta come assistente alla Specola di Firenze, dove lavora al fianco del fidanzato Giovanni De Gasperi, speleologo, botanico ed esploratore. Dopo la tragica perdita di De Gasperi, morto in guerra nel 1916, parte come infermiera per il fronte ritornando solo alla fine del conflitto. Riprende quindi gli studi descrivendo nuove specie di insetti e rettili e diventando una delle maggiori esperte di coleotteri Brentidi.  

Disegni di coleotteri realizzati da Enrica Calabresi (da Sforzi & Bartolozzi, Brentidae of the World, 2004)

Nel frattempo, nonostante il clima sempre più oppressivo dovuto alla “fascistizzazione” del contesto fiorentino, prosegue una brillante carriera accademica: ottiene il diploma di abilitazione alla docenza, ricopre il ruolo di segretario della Società Entomologica Italiana, collabora con la Treccani scrivendo le voci sull’anaconda, sul boa, sul cobra, sull’aspide e su altri serpenti, ottiene un riconoscimento internazionale pubblicando anche in inglese.

Nel 1932, probabilmente a seguito di una pesante operazione di mobbing, è costretta a dimettersi dal ruolo di assistente per far posto al più giovane Lodovico Di Caporiacco, zoologo fascista di provata fede che l’anno successivo sosterrà apertamente le teorie razziste.

Dopo alcuni anni di insegnamento di scienze naturali in licei fiorentini (posizione ottenuta solo al prezzo dell’iscrizione al partito fascista) è nominata professoressa incaricata di Entomologia agraria e direttrice del corrispondente neocostituito istituto alla Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa, ruolo che ricopre tra il 1936 e il 1938.

Rimane però residente a Firenze, dove, dal 1937, insegna anche al Regio Liceo-ginnasio Galilei: tra i suoi allievi, la futura scienziata Margherita Hack, che deve proprio alla Calabresi la sua vocazione antifascista. Hack la descrive così, nella prefazione del romanzo di Paolo Ciampi dedicato a Calabresi:

Una donna estremamente timida, che chi, come me, ha conosciuto solo come la professoressa di scienze: una figura di cui ci si sarebbe dimenticati facilmente, se non fosse per il fatto di essere stata colpita da quella ingiustizia disumana che furono le leggi fasciste sulla difesa della razza ariana. Infatti Enrica Calabresi si era macchiata della grave colpa di essere ebrea.

Vittima delle leggi razziali, Enrica viene dapprima sospesa e poi dispensata dal servizio. Decade anche dalla libera docenza e da ogni forma di didattica. Rientra a Firenze e insegna nella scuola israelitica, insieme ad altri docenti espulsi dalle scuole e dalle università del Regno.

Dimenticata dagli ambienti accademici, la sua storia si conclude tragicamente nel gennaio 1944: catturata dai nazifascisti nella sua abitazione in via del Proconsolo, viene portata nel carcere di Santa Verdiana in attesa della deportazione ad Auschwitz.

Il 20 gennaio, all’età di 53 anni, Calabresi si suicida ingerendo una capsula del micidiale rodenticida fosfuro di zinco, che teneva sempre con sé. Avrebbe potuto lasciare l’Italia, per rifugiarsi in Svizzera (come i suoi familiari), ma non lo fece per non lasciare i suoi studenti; avrebbe potuto anche cercare di nascondersi, ma affermò sempre di non aver voluto mettere in pericolo la vita di qualcuno che l’avrebbe aiutata.

Enrica non fu deportata, e quindi non compare in nessuno degli elenchi delle vittime dell’Olocausto. Il suo nome è rimasto ignoto per decenni, ma, grazie all’opera di alcune giovani scienziate, Marta Poggesi e Alessandra Sforzi, da qualche anno sono stati accesi i riflettori su questa figura.

Così, la storia personale e scientifica di Enrica Calabresi è stata raccontata nel libro “Un nome” di Paolo Ciampi (2006), nello spettacolo teatrale “Un nome nel vento” e nel film-documentario di Ornella Grassi “Una donna. Poco più di un nome” (2019), così come in numerose iniziative a carattere scientifico.

Oggi Pisa la ricorda con la dedica dell’Aula Storica di Entomologia ad Agraria e la via cittadina che accoglie l’Archivio d’Ateneo. La professoressa Elisabetta Rossi, docente di Entomologia, ha restituito a Enrica il posto che le compete tra i ritratti dei docenti dell’Istituto di Entomologia agraria.


Si ringrazia il professor Giacomo Lorenzini per la segnalazione e l’invio del materiale per questo articolo. Un approfondimento sulla biografia di Enrica Calabresi, ad opera della professoressa Manuela Giovannetti, è disponibile a questo link.

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